27 dicembre 2018

Fino al 6.I.2019 Elizabeth Aro Filatoio di Caraglio

 

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Siamo abituati a vedere diverse esposizioni che ricalcano un tema di grande attualità come la migrazione, l’incontro (o scontro?) tra diverse culture, le problematiche che ne derivano, ma anche il bello che ne deriva. Siamo talmente abituati che spesso perdiamo di vista il significato vero del dialogo e del confronto tra popoli diversi, siamo talmente abituati che spesso queste iniziative ci sembrano banali e ripetitive. Elizabeth Aro, che sapientemente manipola diversi strumenti artistici, dalla fotografia alla scultura, fino alla tessitura, riporta invece la nostra attenzione sulla positività delle migrazioni: mischiarsi fa bene, confrontarsi con altre culture fa bene. Un fatto biologico e sociale che viene riproposto attraverso le diverse opere in esposizione. 
A partire da Ulivi, due alberi di ulivo, per l’appunto, in tessuto l’uno bianco l’uno nero, rappresentano i due opposti che si confrontano e prendono conoscenza di sé proprio attraverso la presenza dell’altro. 
Santa Sangue è forse la più impressionante delle opere della Aro. Si presenta come un massa di appendici color rosso sangue, realizzate con un sontuoso broccato, che emergono da un punto originario, individuato in un’antica porta del Filatoio. Metafora di vene e arterie, evoca il flusso vitale, ma anche la carnalità e al tempo stesso la spiritualità insita in tutti noi.
Il mappamondo Mondo in feltro dal diametro di più di due metri domina l’intera stanza in cui è stato collocato. Possiamo così ammirare il globo terrestre nella sua totalità. Se lo osserviamo più da vicino notiamo che i continenti stanno lentamente scivolando verso il basso, il Sud del mondo sta perciò riplasmando la mappatura generale. Una struttura dunque solida, imponente ma al tempo stesso fragile e di cui dobbiamo imparare e prenderci cura. 
Una galleria di immagini che potrebbero essere state scattate da Caravaggio stesso si apre poi allo sguardo dello spettatore. Sono fotografie  che Elizabeth ha realizzato quando si trovava a Madrid. In Los Otros, otto persone emergono da un fondo nero e guardano verso la fonte di luce che le illumina. Uomini e donne, tutti originari di diverse parti del mondo che si sono spostati per lavoro, per studio, per seguire una passione, tutti con il proprio passato a noi sconosciuto, ma che possiamo imparare a conoscere. 
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Elizabeth Aro, Red Net
Red Net è un’altra installazione monumentale che si dirama dall’alto verso il basso della sala. È una vera e propria rete con corde spesse, ma raffinate ed eleganti grazie all’utilizzo del velluto rosso scuro. Una metafora dell’assenza di legami che caratterizza l’arrivo in un altro paese da parte del migrante. Elizabeth Aro ha sperimentato in prima persona cosa significa essere senza legami e senza una “rete” di affetti, di amici e di famigliari che ti sostengono, così nella distanza l’artista ha cercato di ritessere un struttura di sicurezza attraverso il suo fare arte. 
Lavorare sulle opere e riprendere in mano le idee di autori precedenti è tra le passioni dell’artista di Buenos Aires. Il Libro dell’architetto ne è un esempio. Attraverso un ricamo minuzioso Elisabeth ha riproposto la piantina di alcuni edifici realizzati da noti architetti. Un’arte prettamente femminile come il ricamo dialoga così con una anticamente ascrivibile alla sfera maschile. 
Wing of silk, è un’ala caduta, leggera, delicata, si adagia su una tavola di legno. Un’opera in cui la Aro rappresenta la quiete prima di spiccare il volo verso la libertà, verso altre strade, ma anche la precarietà della vita, e tuttavia, la speranza di un’anima che si rialza e ricomincia attraverso il cambiamento. 
Due ultime opere ci accolgono alla fine del percorso. All the fires, the fire, composta da piccole fiammelle in tessuto sospese a mezz’aria che si diramano verso l’alto. Rappresentazione del fuoco interiore che è in ognuno di noi e che ci accomuna, nonostante le differenze culturali e sociali. 
Infine, Filo Spinato. Un insieme di grovigli di velluto che proprio come un filo spinato evocano la sensazione di costrizione e di prigionia, senza tuttavia essere dannose, poiché rivestite di un materiale morbido al tatto. Aro manipola così il simbolo delle limitazioni imposte ai migranti e lo trasforma in qualcosa con cui lo spettatore è invitato a interagire. E così, naturalmente, le barriere cadono, lasciando posto all’integrazione. 
La mostra si inserisce all’interno del progetto MigrAction che ha appunto come obiettivo la valorizzazione e l’implementazione turistica della via dei migranti che collega Caraglio a Barcelonnette nella valle francese dell’Ubaye. Elizabeth con questo allestimento ha ripercorso la sua storia personale, cercando di trasmettere attraverso un’arte emozionale tuttavia un messaggio universale. Nata a Buenos Aires, ma trasferitasi a Madrid e quindi a Milano, ha vissuto sulla sua pelle una migrazione fisica e intellettuale. Le sue opere raccontano però la storia di tutti coloro che per motivi di natura diversa si sono spostati dalla loro patria. Un’attenzione particolare della Aro è stata poi prestata al dialogo con la struttura del Filatoio. Le opere infatti si muovono come se fossero sempre state lì, adattandosi alle antiche pareti, proprio come le persone ai nuovi ambienti. E come specificato dal titolo del “Fil du monde”, il ricamo, il cucito e il tessuto sono elementi universali, strumenti espressivi di tutti i popoli sin dai tempi più lontani.
Chiara Gallo
Mostra visitata il 27 ottobre
Dal 27 ottobre 2018 al 6 gennaio 2019
Elizabeth Aro
Filatoio di Caraglio
via Matteotti, n.40 
12023 Caraglio (CN)
Orari: da giovedì a sabato ore 14.30 – 19, domenica e festivi ore 10 – 19
Info: info@fondazionefilatoio.it

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