22 gennaio 2019

CONTROPELO

 
Centocelle: un’area archeologica sepolta e una città che non ama la propria storia, e neanche il proprio futuro
di Mariasole Garacci

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Domenica pomeriggio. Giovani immigrati pakistani giocano a cricket sulla pista d’atterraggio di un ex aeroporto militare. Sotto i loro piedi, un’importante area archeologica con rimanenze databili dall’età repubblicana fino al V-VI sec. d.C., che resta interrata per lacune istituzionali e per le pressioni di gruppi di potere illeciti, nonostante il lavoro degli archeologi comunali che l’hanno studiata, e un progetto per la sua valorizzazione; intorno e sopra questi ragazzi, un paesaggio dove lo sguardo può estendersi lontano e un cielo azzurro immenso come non se ne vedono quasi più in città, e che un sovrintendente ebbe il buon senso di vincolare. 
La serenità di questi ragazzi che passano un pomeriggio di vacanza giocando al loro sport nazionale e la storia di un luogo che ha ancora molto da raccontare mi fanno sognare cosa potrebbe essere di splendido Roma.
Una città per tutti, al centro di un Paese per tutti.
Non popolo arabo, non popolo balcanico, non popolo antico,
ma nazione vivente…

Nazione vi-ven-te.

…e cosa sei? Terra di infanti, affamati, corrotti,
governanti impiegati di agrari, prefetti codini,
avvocatucci unti di brillantina e i piedi sporchi,
funzionari liberali carogne come gli zii bigotti…
 
L’area del Parco di Centocelle corrisponde a un grande latifondo dei Torlonia, che lo usavano come pascolo e come fonte di scavi archeologici, da cui provengono alcuni pezzi della preziosa collezione di questa famiglia. Il pianoro era particolarmente adatto ai primi esperimenti aviatorii italiani (era l’epoca del mitico Francesco Baracca), e il Demanio Nazionale ottenne dai Torlonia la proprietà. Dopo il volo del 1909 compiuto da Wilbur Wright, durante il quale fu girata una ripresa aerea che mostra le rimanenze archeologiche allora visibili, l’area fu dunque destinata ad ospitare un aeroporto: alla fine degli ’20 le antiche strutture architettoniche sporgenti erano ormai state letteralmente rase al suolo. Per questo stesso motivo, peraltro, l’area venne preservata dall’edilizia postbellica, cresciuta tutto intorno tra piani edilizi e abusivismo e però vincolata a restare sotto una certa quota, diversamente dai vicini quartieri Tuscolano e Don Bosco, dove l’edilizia privata su interesse pubblico ha riempito di appartamenti ogni singolo metro quadro a terra, con quel poco rispetto che il capitale, quando si muove, riserva al benessere umano.
Nel 1996 il Comune di Roma bandì un concorso per la realizzazione di un parco archeologico, vinto dallo studio dell’architetto inglese Mark M. Ruthven. Mai realizzato. Solo nel 2006 il Servizio Giardini del Comune riuscì a realizzare un prato con percorsi, pannelli didattici, tubazioni dell’acqua, alberi piantumati: ma il parco, lasciato da solo, non poté difendersi dalle azioni di sabotaggio da parte di chi occupava i suoi bordi, tra Via Palmiro Togliatti e il Casilino 900. Il resto, è la storia grottesca di un progetto esecutivo che non può andare all’attuazione senza stanziamenti, che a loro volta non possono essere attivati senza progetto esecutivo.
I comitati del quartiere, ancora adesso, lottano per questo spazio.
Ma la cultura, la scena della città sono, piuttosto, nel “centro storico”, dove permangono le ben note e rassicuranti vestigia di un passato (“La nostra storia! La nostra identità!”) in cui è delizioso fingere di riconoscersi, e da cui sgorga un fiume di contraffazioni: Palazzo Chigi e, percorrendo nei giorni prima di Natale un’infernale Via del Corso, Palazzo Pamphilj nero di smog, il Vittoriano, Palazzo Venezia e lo speculare Palazzo delle Assicurazioni Generali, la Via dei Fori Imperiali, il Colosseo…

Milioni di piccoli borghesi come milioni di porci
pascolano sospingendosi sotto gli illesi palazzotti,
tra le case coloniali scrostate ormai come chiese.
Proprio perché tu sei esistita, ora non esisti…
Mariasole Garacci

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