16 gennaio 2019

Le Mani che imbrogliano di Alessandra Spranzi

 

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È la foto delle mani di Alessandra Spranzi, contenenti tre palline da tennis ad introdurre lo spettatore nella personale a lei dedicata dal titolo “Mani che imbrogliano” in corso fino al 19 gennaio 2019, presso la galleria P420 a Bologna, dopo “Maraviglia” (2014) e la collettiva del 2013 “Lumpenfotografie, per una fotografia senza vanagloria” (con Hans-Peter Feldmann, Peter Piller, Joachim Schmid e Franco Vaccari).
Il percorso espositivo raccoglie l’intera produzione, dalle opere dei primi anni ’90, alle più recenti.
“Mani che imbrogliano”come il titolo di una rivista ritrovata dal figlio dell’artista in un mercatino di antichi oggetti dove ella è sovente andare per ricercare vecchie riviste, libri da cui prendere ispirazione, ma soprattutto per carpire da essi soggetti e oggetti da far rivivere, nel tentativo di conservarne il ricordo, anche se in modo del tutto differente, rispetto alla prima rappresentazione.
Molti degli oggetti ritratti e immortalati, infatti, protagonisti nei libri di cucina e di giochi di prestigio e nei testi esplicativi circa le metodologie da applicare, ad esempio, per l’imballaggio di pezzi di arredamento molto delicati, nelle opere dell’artista riacquistano una nuova essenza, calati in ambientazioni sospese tra metafisica e surrealismo.
Il legame con il mondo immaginario del pensiero è sempre presente nelle creazioni della Spranzi che si ritrae nelle vesti di “Donna Barbuta”, suo famoso personaggio ideato al fine di cercare di comprendere come sarebbe la vita di una donna se fosse “adorna” di un elemento prettamente maschile quale la barba.
Ciò mette in evidenza l’attrazione e la propensione nel collegare oggetti e soggetti apparentemente opposti e di materia differente, ma che acquistano senso, vita e significato nella mente dell’artista.
Tale idea viene realizzata attraverso l’utilizzo di differenti tecniche molto amate dalla Spranzi quali il collage, il decollage, il ritaglio. Ne sono notevoli esempi le rose su cui sono state incollate sedie o un copertone, o foto di interni di case da cui sono stati ritagliati alcuni pezzi di arredamento.
Altro elemento fondamentale nella poetica dell’artista è il tavolo, su cui in mostra sono esposte alcune opere.
Il tavolo per l’artista è tutto: è il suo ambiente, è il luogo dell’ispirazione, del lavoro, della creazione, della sperimentazione, della condivisione. È proprio sul tavolo, regalatole dalla nonna, che la Spranzi realizza le sue opere meditando sul senso degli oggetti sulla loro essenza e potenziale rappresentabilità. Sono elementi semplici, come uova, posate e suppellettili utilizzate nella vita quotidiana.
Opere mentali, dove la realtà è ricreata nel e dal pensiero e nelle cui ambientazioni lo spettatore è invitato a osservare il reale con nuovi occhi riflettendo sui possibili e molteplici collegamenti che possono esistere tra oggetti apparentemente molto differenti tra loro. (Bruna Giordano)

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