19 gennaio 2019

MAXXI d’esportazione

 
Come valorizzare l’arte italiana all’estero? Ce lo racconta il direttore del Museo d’Arte del XXI secolo, Bartolomeo Pietromarchi. Con un occhio ai tagli

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In occasione della mostra “Classic Reloaded”, sul legame tra tradizione classica e ricerca artistica contemporanea, che ha visto una selezione di opere della Collezione del MAXXI protagonista di un progetto itinerante in diverse città del Mediterraneo, da Beirut al Bardo di Tunisi, abbiamo intervistato il direttore della sezione Arte del museo romano, per indagare come si può “esportare” l’arte del nostro Paese. E come arginare i tagli previsti dalla nuova legge di bilancio.
Con la mostra itinerante Classic Reloaded il MAXXI si è “esportato” nel Mediterraneo. Qual è il budget? È prevista una divisione dei guadagni con i musei ospitanti?
«Non è la prima volta che il MAXXI realizza delle mostre all’estero. Per questa mostra abbiamo ottenuto il finanziamento del Ministero degli Affari Esteri ma al momento il budget non è stimabile con precisione dato che oltre al finanziamento del programma mediterraneo MAECI ci sono i local costs sostenuti dagli istituti italiani di cultura locali, e stiamo inoltre lavorando allo sviluppo di una terza tappa della mostra in via di conferma. Questa mostra vuole rappresentare l’autonomia culturale, l’apertura all’altro, la coesistenza tra popoli che da sempre caratterizza i paesi del Mediterraneo. Non è prevista una divisione dei guadagni che restano ai musei ospitanti, Villa Audi Mosaic Museum a Beirut e il Museo Nazionale del Bardo a Tunisi».
Come intende il MAXXI sviluppare questa esperienza all’estero? Ci sarebbe, come il Pompidou in Spagna (dal 2015 a Malaga), l’intento di impiantare il MAXXI stabilmente all’estero?
«Il MAXXI è un museo giovane, stiamo lavorando alle celebrazioni per il 2020 del decennale della sua costruzione. È difficile poter fare paragoni con altre istituzioni, anche perché ritengo che i musei d’arte contemporanea presentino delle specificità generate dal territorio che ne caratterizza profondamente la programmazione e la politica culturale. Al momento non abbiamo in programma operazioni simili a quelle del Pompidou. Il MAXXI è molto concentrato sulla sua crescita, è in piena fase di sperimentazione e siamo già molto soddisfatti delle collaborazioni che stiamo gradualmente sviluppando all’estero: oltre a Classic Reloaded è attualmente in corso fino al 2019 la mostra di fotografia Extraordinary Visions, presso l’Istituto Italiano di Cultura di New Delhi, in India, mentre per il futuro stiamo lavorando ad un nuovo progetto con l’IVAM di Valencia in Spagna e con il Palais Populaire, nuovo centro per l’arte a Berlino, inaugurato nel 2018 da Deutsche Bank».
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Classic Reloaded, courtesy MAXXI
Che accoglienza ha avuto Classic Reloaded nella sua prima tappa a Beirut? Ha interessato collezionisti locali?
«L’accoglienza è stata molto buona, abbiamo lavorato in grande armonia con Villa Audi ma anche il Museo Sursok, fondamentale supporto logistico sul territorio, e ottenuto un buon riscontro a livello di pubblico sia generalista che legato al mondo dell’arte, sia artisti che collezionisti ma anche istituzioni locali come il Beirut Art Center e l’Arab Image Foundation».
La mostra si fonda sulle radici comuni fra l’Italia e i vari paesi del Mediterraneo. Nel caso di Tunisi, l’Italia, con la collezione del MAXXI, ha le carte per confermare il dialogo interculturale dopo l’attacco terroristico del Bardo?
«L’allestimento non ha nessuna relazione con l’attacco del Bardo. Mi auguro che siano altri gli interlocutori e le sedi per affrontare una questione complessa ed estremamente delicata come il terrorismo. La mostra Classic Reloaded è un’occasione per ricordare e riflettere sulle radici culturali che ci legano, ed è un esempio di come un’istituzione culturale può contribuire al rinforzo di valori condivisi come l’unione e l’apertura. È questo il messaggio che sottende la mostra, l’arte è uno straordinario strumento di riflessione e dialogo».
Alcune opere come l’Autoritratto di Ontani nella posa della Lupa capitolina o le mani congiunte in preghiera nella fotografia del fachiro di Cattelan possono essere percepite come provocazioni dal pubblico tunisino di cultura islamica?
«L’opera d’arte è un linguaggio libero, incensurabile, e soggetto per antonomasia a miriadi di interpretazioni possibili. Trovo nelle opere di Ontani e Cattelan forme diverse di bellezza, ironia e un carattere senz’altro provocatorio che però mi sembra pericoloso confondere con l’offesa religiosa o politica».
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Classic Reloaded, courtesy MAXXI
Il titolo della mostra Classic Reloaded spiega in parte la scelta di non portare all’estero artisti storici oltre a Cucchi della Transavanguardia e figure più autonome come De Dominicis, Ontani e Cattelan. Qual è stato il criterio di scelta delle opere, c’è stata una valutazione scientifica? I 13 artisti della mostra sono davvero i più rappresentativi dell’arte italiana?
«Abbiamo scelto gli artisti al di là delle etichette, dei movimenti e delle definizioni. Abbiamo ragionato in primis sul valore delle opere, sul loro rapporto con il tema e gli spazi che l’avrebbero ospitata. Ne consegue che accanto a celebri maestri italiani, vi sono artisti più giovani come Luca Trevisani o Pietro Ruffo o mid career come Flavio Favelli».
Come contribuisce questa operazione di mostre all’estero a valorizzare il mercato dell’arte italiana se non vi sono Schifano, Pascali, Kounellis o qualcuno degli artisti della Scuola di Piazza del Popolo? 
«Il MAXXI è il Museo delle Arti del Ventunesimo Secolo, per cui mi occupo solo dell’arte dei primi anni Settanta, anche dei Poveristi ma a fine carriera. Abbiamo appena comprato due Turcato ma tardivi, del 1990. Kounellis non è ancora nella collezione del MAXXI. L’arte di Burri, Fontana, fino alla Scuola di Piazza del Popolo, non è compito mio promuoverla, ma della Galleria Nazionale. Ma in generale penso che i musei debbano essere equidistanti dall’entrare nelle questioni di mercato».
Le opere del MAXXI sono acquisizioni e quindi incidono sul mercato: è già una questione di mercato. Se lei sceglie di comprare Turcato invece di Kounellis, è consapevole che il MAXXI con le sue acquisizioni e le sue mostre influenzi il mercato?
«Il mercato è una delle componenti di un sistema che è una vera e propria rete di interazioni tra tantissimi attori (curatori, galleristi, collezionisti, magazine, spazi no-profit) che contribuiscono a sostenere e promuovere il lavoro degli artisti. Per quanto riguarda la politica di acquisizioni del museo siamo coscienti dell’influenza che le nostre scelte possano avere nel definire o rinnovare l’interesse per un dato artista ma non credo che la sola azione del museo basti a influenzare radicalmente il mercato o la critica. Come ho detto, la carriera di un artista e la qualità del suo valore vedono l’influenza di tantissimi fattori, personali e determinati dal sistema. Che l’artista sia già molto noto o meno sul mercato, è per noi un elemento secondario in sede di valutazione delle nuove acquisizioni, poiché il primo e fondamentale criterio è la qualità e il valore del suo percorso e della ricerca che porta avanti».
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Classic Reloaded, Luigi Ontani, courtesy MAXXI
È stato detto che dei 4 milioni annui del PAC metà erano destinati all’incremento della collezione del MAXXI. Anche se il Maxxi dovesse rivedere il budget destinato alle acquisizioni, 500 mila euro all’anno basterebbero ad integrare nella collezione artisti di una pagina fondamentale dell’arte italiana e ancora sottovalutati come Kounellis, Lo Savio, Fioroni o Lombardo. Cosa ha spinto il museo MAXXI a rinunciare ad artisti storici che si può permettere anche con un budget ridotto?
 «Una piccola precisazione sul PAC – Piano per l’Arte Contemporanea che, come si può leggere dal sito del MiBAC, è “il principale strumento grazie al quale lo Stato arricchisce il proprio patrimonio di arte contemporanea attraverso acquisti, committenze, concorsi e premi”. È stato introdotto nel 2001 dall’articolo 3 della legge 29/2001, ha cadenza triennale e lo stanziamento varia di anno in anno. Al MAXXI è destinato il 50 PER CENTO dell’importo totale, come stabilito dal decreto ministeriale del 15 luglio 2009 che ha dato attuazione alla legge 69/2009 che istituiva la Fondazione MAXXI. Nel 2018 la dotazione del PAC era stata portata a circa 4 milioni di Euro, di cui circa 2 destinati al MAXXI. L’ultima Legge di Bilancio, invece, ha tagliato dal PAC 3 milioni. Indubbiamente questo taglio influisce sull’attività del museo, che dovremo ripensare. E influisce anche sulla Collezione che, specie nell’ultimo anno, è stata protagonista al MAXXI di un nuovo significativo allestimento e, fuori dal MAXXI, in Italia e nel mondo, di diverse esposizioni. Penso a Eco e Narciso a Palazzo Barberini, alla stessa Classic Reloaded. Mediterranea prima a Beirut poi al Bardo di Tunisi, dove rimarrà fino a marzo 2019, a Extraordinay Visions. Italia, la mostra fotografica esposta a New Delhi. Sempre nel 2018, la Collezione si è arricchita di 69 nuove acquisizioni tra cui, a proposito di artisti “storicizzati”, due grandi lavori di Giulio Turcato appunto, Asteroidi e Biologico, esposti nel nuovo allestimento Lo spazio dell’Immagine, in dialogo, tra gli altri, con uno dei capisaldi della collezione: Orme di Alighiero Boetti».
Raja El Fani
 

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