22 febbraio 2019

Architettura, land e minimal: Matta-Clark

 
L’Accademia di San Luca celebra uno dei protagonisti più vitali dell’arte del secondo Novecento, attraverso una collezione particolare. Nata su un aereo

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Imbarcato su un volo aereo da Santiago del Cile a Barcellona all’inizio di luglio del 2006, Harold Berg si imbatte in una copia del giornale cileno La Tercera, dove era pubblicata la recensione della mostra antologica dell’artista Gordon Matta-Clark (1943-1978) al museo Reina Sofia di Madrid, intitolata Il figlio discolo e concettuale di Roberto Matta. 
Incuriosito dal titolo, Berg comincia a leggere e scopre che Gordon era uno di figli del famoso Roberto, che aveva molte similitudini con il suo stesso padre, morto una settimana prima. Entrambi erano stati sposati più volte, e avevano un rapporto conflittuale con i loro figli, con una curiosa coincidenza in più: Gordon era architetto, mentre il padre di Harold, che vendeva programmi televisivi, gli aveva impedito di studiare architettura. Nonostante non sapesse nulla di arte contemporanea, a quel punto Harold si incuriosisce ancora di più, e comincia a studiare non solo la carriera di Matta-Clark, ma la sua stessa personalità. «Non riuscivo a comprendere come mai una persona, a soli 30 anni, volesse solo distruggere, o piuttosto costruire» racconta Berg. 
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Gordon Matta-Clark, Office Baroque, 1977, Fotografia in bianco e nero stampata su gelatina ai sali d’argento. Courtesy Harold Berg
Due anni dopo acquista la prima opera, una foto cibachrome dell’azione Office Baroque realizzata nel 1977 in un centro commerciale di Anversa. Un’attrazione fatale, che ha portato Harold ad avvicinarsi sempre di più alla ricerca di Matta-Clark. «A me piace molto come semplifica lo spazio. Si diceva: Matta-Clark distrugge o costruisce? Quando ho capito che costruiva più che distruggere, sono stato attirato da come lavorava con lo spazio, come lo apriva, come lo riempiva di significato…con semplicità» aggiunge Berg, che oggi ha una delle più importanti raccolte in Europa dedicate all’artista. 
Una collezione rarefatta e sofisticata che è diventata protagonista della mostra “Collecting Matta-Clark”. La raccolta Berg. Opere, documenti ed ephemera, curata dallo stesso Berg, Federico De Melis e Gianni Dessì, aperta fino al 25 febbraio all’Accademia di San Luca a Roma. «Abbiamo voluto rendere omaggio all’atto di collezionare come pratica colta e culturalmente responsabile » spiega Dessì, presidente dell’Accademia. Si tratta di una rassegna concepita come un percorso che si snoda tra diverse tipologie di opere: disegni, stampe fotografiche vintage, cibachrome, filmati d’artista accompagnati da una serie di documenti come cataloghi, libri d’artista e articoli di giornali, che in inglese vengono chiamate ephemera. 
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Carol Goodden, Hair Play, 1972, 12 fotografie stampate su gelatina d’argento, Foto di Carol Goodden. Courtesy Harold Berg
Perché proprio Matta-Clark? «Che sia uno tra i più interessanti artisti americani della generazione operante negli anni ‘70 è oggi ampiamente riconosciuto. Ha tracciato con la sua opera un percorso tra i più vitali, aperto a diverse discipline, punto d’incontro e di sintesi, dove ciò che indichiamo come performance, arte concettuale, land art, minimal art e architettura intrecciano un nodo che non smette di offrire spunti alla riflessione storica», sottolinea Dessì. Le tre sale della mostra sono tappe di un viaggio ricostruito per frammenti, che comincia nella New York degli anni Sessanta tra le strade di Soho, il quartiere dove Gordon apre FOOD, il ristorante fondato dall’artista con la sua compagna e performer Carol Gooden, documentato in mostra dalla lista degli indirizzi dei clienti abituali redatta a mano da Matta-Clark, insieme ad un block notes e a una fotografia del 1971 con interventi dell’artista. Notevoli le fotografie in bianco e nero che documentano gli interventi di Matta-Clark, da Office Baroque a Bronx Floors, Untitled (1972) insieme a Atrium Roof (realizzato a Genova nel 1973) e Splitting (realizzato a Humprey Street nel 1974). 
Meno noti ma altrettanto interessanti le immagini relative ad una serie di azioni di Gordon e Carol, come Valley Curtain: Christo Spoot (1972) o della sola Carol (Raindrop Dance, 1971; Hair play, 1971), mentre un omaggio privato di Gordon alla compagna sono i tre disegni a pennarello Carol’s Fan 3 (1971). Ricco di interventi puntuali e profondi il catalogo bilingue, pubblicato dall’Accademia di San Luca, che accompagna una mostra da veri intenditori.
Ludovico Pratesi 

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