18 maggio 2019

L’INTERVISTA/ NATHALIE DJURBERG E HANS BERG

 
LA MENTE NON SI ARRENDE
Parla una delle coppie più in vista dell’arte di oggi, tra modalità di lavoro e vita condivisa

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Nathalie Djurberg e Hans Berg, nati entrambi nel 1978 in Svezia, residenti a Berlino, Leone d’argento alla Biennale Arte di Venezia del 2009, sono tra le coppie di artisti più interessanti del panorama contemporaneo, capaci di lavorare insieme e di mantenere, nello stesso momento una forte personalità in ogni lavoro. Consacrati da tempo alla fama internazionale, nei mesi scorsi in Italia, abbiamo potuto vedere il loro lavoro al MART di Rovereto nella mostra “È come un viaggio nel fango e nella confusione con piccole boccate d’aria”, a cura di Lena Essling e Gianfranco Maraniello, e a The Blank Contemporary Art, a Bergamo, con la mostra ”Rites of Passage”, a cura di Stefano Raimondi e Claudia Santeroni, inserita nella programmazione del 37° Bergamo Film Meeting, nella sezione dedicata alle contaminazioni tra cinema e arte contemporanea. In occasione della mostra a The Blank Contemporary Art abbiamo intervistato Nathalie Djurberg e Hans Berg sulla loro ricerca e su quali siano le loro modalità per lavorare fianco a fianco. 
Possiamo iniziare dalle vostre storie come artisti? Come avete cominciato a sviluppare, singolarmente, le vostre ricerche?
ND: «Ho realizzato la mia prima animazione durante il secondo anno all’accademia di belle arti di Malmö, se ben ricordo, nella memoria gli anni si confondono un po’ e per me non è così importante: sono arrivata all’animazione da sola e sono felice che in accademia non ci fossero corsi di animazione, perché in questo modo mi è stato possibile sviluppare idea e ossessione nello stesso momento in cui ho imparato la tecnica. Non ho mai imparato nulla senza un sentimento d’urgenza».
HB: «Ho ricevuto il mio primo sintetizzatore all’età di undici anni, questo è stato il momento in cui ho iniziato a suonare, ma ovviamente come un bambino che non aveva idea di che cosa stesse facendo. Negli anni ho continuato a fare musica con i sintetizzatori, ma come hobby ed è stato così fino a quando ho iniziato a collaborare con Nathalie verso il 2003.  Da allora ho preso la musica in modo serio e Nathalie mi ha aiutato a comprendere che avrei potuto farlo a tempo pieno, che non si trattava semplicemente di un passatempo, ma piuttosto della passione della mia vita e non ero stato abbastanza coraggioso da comprenderlo prima».
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Nathalie Djurberg e Hans Berg, Rites of Passage, vista della mostra, foto di Antonio Maniscalco
Qual è l’aspetto che vi interessa maggiormente sviluppare nella vostra ricerca?
ND: «La ricerca nasce insieme all’idea, all’esplorazione dei temi attorno a ciò e al processo di realizzazione, amo molto che sia tutto così intrecciato: non mi è possibile eliminare una di queste parti, perché tutto il castello di carte crollerebbe. Quando l’esplorazione si approfondisce e dura a lungo la mia mente si stanca, così smetto di realizzare le animazioni finché la mia mente non avverte la necessità di esplorare un nuovo soggetto o tornare sul medesimo. Purtroppo la mente non si arrende mai».
HB: «Come dice Nathalie, è sempre un’esplorazione di qualcosa di più profondo, una più profonda comprensione di qualcosa, c’è sempre un nuovo punto di vista da cui si può esplorare qualcosa».
Che cosa è cambiato nel vostro lavoro da quando avete iniziato a lavorare insieme?
ND: «Quando Hans ha realizzato per la prima volta la musica per una mia animazione, l’ha capovolta e l’ha resa ciò che sarebbe dovuta essere, ciò che io non ero stata in grado di raggiungere. Il lavoro, non è cambiato nella sostanza, è andato in profondità e ha proseguito lo sviluppo di qualcosa che io sentivo essere sempre stato lì o che era destinato ad essere lì».
HB: «Prima di cominciare a lavorare con Nathalie la mia musica non aveva un focus, era un po’ “indefinita”, si potrebbe dire, e quando abbiamo iniziato a collaborare ho percepito di aver trovato una casa per la mia ispirazione musicale, un luogo in cui io potevo esprimere me stesso in perfetta simbiosi con il lavoro di Nathalie».
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Nathalie Djurberg e Hans Berg, Rites of Passage, vista della mostra, foto di Antonio Maniscalco
Nathalie, una domanda in merito ai temi della tua ricerca: nei tuoi lavori i personaggi rimandano a racconti della narrativa per l’infanzia, ma le tematiche e lo svolgimento delle storie si collocano su un livello per un “pubblico adulto”. Perché hai scelto di unire questi elementi? 
ND: «Io non li metto insieme, si tratta di un equivoco ritenere che l’animazione sia per bambini: fino a non molto tempo fa non c’erano storie raccontate esclusivamente per i bambini, loro semplicemente partecipavano ascoltando le storie destinate a tutti o a coloro che ne erano incuriositi. Le animazioni fanno parte della società e ne mostrano degli aspetti, sia in un ambiente globale sia in un contesto familiare o individuale».
Lavorate con la tecnica della stop-motion e con la scultura: quanto tempo vi è necessario per realizzare un singolo video, dall’idea alla versione finale? A che punto iniziate a lavorare sulla musica?
ND: «Talvolta da tre a sei mesi».
HB: «Io inizio a lavorare alla musica quando Nathalie comincia a discutere la sua nuova idea con me, quando inizia a lavorare sui pupazzi o sul set. Quando lei è a metà dell’animazione io, in genere, ho un’idea abbastanza definita di quale musica voglio realizzare e quando l’animazione è completata compongo direttamente sull’animazione dal mio software musicale. Questa è la ragione per cui posso reagire in maniera molto diretta alla storia o alle scene del film».
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Nathalie Djurberg e Hans Berg, Rites of Passage, vista della mostra, foto di Antonio Maniscalco
In che modo lavorate assieme? Voi mantenete una forte ricerca individuale, ma anche a collaborate in modo molto profondo. Come riuscite a rendere possibile tutto ciò?
ND: «Noi lavoriamo insieme così strettamente da così tanto tempo che molte cose sono intuitive, noi rispettiamo reciprocamente il processo individuale e ci prendiamo anche in giro. Assecondiamo l’altalena della stupidità della mente, che ogni volta è così sorprendente e ostinata di fronte agli ostacoli, siamo coscienti di quali montagne russe ci attendono ogni volta. Inoltre discutiamo in profondità paure e dubbi».
Quali mostre o eventi avete in programma per i prossimi mesi, insieme o separatamente?
HB: «In questo momento abbiamo una grande mostra alla Kunsthalle Shirn di Francoforte e una al Museum of Art di Baltimora. Stiamo lavorando a un nuovo lavoro in realtà virtuale che probabilmente presenteremo quest’estate, stiamo, inoltre, lavorando a due mostre per il prossimo autunno, una al Kunstmuseum Ravensburg, in Germania, che aprirà ad ottobre, e una alla Tanya Bonakdar Gallery di New York City, sempre in ottobre. Oltre a ciò durante tutto l’anno prenderemo parte a numerose collettive e io suonerò, come sempre, in differenti concerti».
Silvia Conta 

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